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EAP o No EAP questo il dilemma

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EAP o No EAP questo è il dilemma! Come le No EAP sopravvivono? Sfornando concorsi pubblici a pagamento: una manciata di euro x tanti concorrenti = un bel gruzzolo nelle tasche No EAP.

Chi vince poi? Vinca il migliore! Caso mai il raccomandato dell'amico degli amici.
Così gira la ruota e molti editori si improvvisano No EAP.

 Ivan Pozzoni - 19/02/2018 00:15:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

Carissima,

io non faccio cultura. La cultura fa l’Ivan. Quindi sono in debito, straordinariamente indebitato con essa, e non mi vergogno di mantenerla, investendo i miei soldi. Però, ognuno è libero di fare ciò che crede: non credo nei «mestieranti» della scrittura, a chi desidera campare sulla cultura. Io campo sulla SCRITTURA, serenamente: scrivo atti giudiziari, bilanci, business plan, strategie, buste paga, et similia. E non continuo a recriminare, lamentarmi si non riuscire a campare con la scrittura. Tu campavi sulla SCRITTURA, serenamente: curavi registri, firmavi progetti, formalizzavi atti comunali.

Noi non campiamo sulla CULTURA. Non siamo «mestieranti». Chi grida: «Io devo essere pubblicato gratis» o «Io devo fare cultura gratis» è indignitoso, e un furbetto. Non esiste un diritto a fare cultura: esiste un dovere a fare cultura. E i doveri, si pagano. Gli insolventi della cultura meritano il mercato, cioè di non essere minimamente considerati.

Il discorso è molto complesso. Per me libertà è responsabilità, e responsabilità è pagare il conto di ciò che produco (anche se lo produco io).

Liberissimi tutti di non fare cultura, di non pubblicare. Scrivono tutti: non tutti fanno cultura. Questo è il discrimine.

Io consiglio sempre, al micro-editore, la strada della colletta. La colletta è spontanea: nessuno è obbligato. Si coprono i costi e non si rinuncia a fare cultura.

Chiunque abbia idee diverse, migliori, è il benvenuto.

Cari saluti

Ivan

 Franca Colozzo - 19/02/2018 00:05:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

Ciao Ivan,
in primis sono fortunatamente in pensione. Non campo quindi serenamente sulla scrittura, tutt’altro mi toglie tanto tempo tra i rimbrotti di mio marito e nipotina. Ho sempre lottato nella mia vita. Ho profuso mille per avere in cambio poco o più di dieci. Ho sempre studiato e cercato di fare del mio meglio, anche come architetto nei tempi e nei luoghi in cui mi è stato consentito di farlo, date le pressioni politiche dei mestieranti di basso lignaggio che popolano comuni ed enti pubblici (favorire sempre e comunque gli amici degli amici!).
Mi sento libera dalle pressioni sociali. Non credo più in questa società, se mai ci ho creduto prima. Io non ho mai campato di cultura, ma ho dato il mio umile contributo scrivendo su La Recherche, che mi fa la cortesia di ospitarmi e a cui sono grata, o su altre riviste. Ho scritto libri e saggi a titolo gratuito. Non mi va assolutamente di pagare chicchessia, perché non credo nei cosiddetti mestieranti della cultura. La cultura, come tu dici, è un valore che travalica il mercanteggiare, va oltre i nostri ristretti limiti. Nessuno può dirsi veramente colto o ergersi su un podio se non è un nome acclarato.
Non credo negli autoproclami, ma solo nella volontà di far sentire la propria voce. Poi ci sono le cordate, i famigerati like dei social ed il codazzo di persone. La corte non è mai scomparsa fin dai tempi più remoti: l’uomo ama lo sciame di altri simili, lacchè o quant’altro. Se io credo in un componimento, lo commento. Spesso non commento per mancanza di tempo e di visualizzazioni. Commentare tutti è per me impossibile. Ma il codazzo spesso si muove secondo ondate impreviste ed umorali. La cultura non è un bell’abito, ma qualcosa che o si ha dentro di sé o è una finzione scenica del momento.
Pensala come ti pare, io sono una testarda e vado sempre imperterrita per la mia strada. Così ho perso spesso incarichi, onori e soldi. Sic transit gloria mundi. Ma quale gloria? Perciò se vale qualcosa quello che scrivo, se un segno ho lasciato, non sarò certo io a pagare per affermare il mio valore. I miei soldi preferisco darli meglio a "Medici senza frontiere", quelli sì che combattono battaglie serie e su veri fronti di guerra. Non certo noi con una penna in mano!
Un amichevole saluto notturno. Franca

 Ivan Pozzoni - 18/02/2018 23:42:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

Adesso non vale! ;-)

 Franca Colozzo - 18/02/2018 23:32:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

Infatti, è stato per errore che l’ho messa sotto aforismi. Rimedio subito, pubblicandola sotto "Pensieri".
Era mia intenzione farlo prima del tuo sogghignante suggerimento: ahahahah!

 Ivan Pozzoni - 18/02/2018 18:57:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

Perchè non hai messo questa interessante, e complessa, riflessione in "Pensieri"? Come Aforisma non mi sembra molto pregnante. ahahahah

 Ivan Pozzoni - 18/02/2018 18:47:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

L’incremento della disoccupazione ha creato un aumento della disperazione e un corrispondente aumento delle Partite Iva. Sono nati nuovi ristoranti, nuovi bar, nuove case editrici, nuovi negozi, senza che i titolari avessero la minima preparazione manageriale e imprenditoriale. Qui entra in gioco chi - come me- avendo sperimentato managerialmente tutti i settori aziendali (logistica, amministrazione e finanze, commerciale), ha il know how indispensabile a garantire il successo di una start-up o di garantire una close-up senza danni irrimediabili (fallimento soft).

Le micro-case editrici, come i nuovi bar, i nuovi negozi che chiudono e riaprono ogni sei mesi (ci hai fatto caso), le nuove edicole, reggono due anni sui risparmi dello sventurato. Finiti i risparmi e calata la mannaia delle tasse, in cinque anni, il micro-editore, se non esce dal mercato, è rovinato (fallimento hard). Difficilmente lui, senza il know how adeguato, se ne rende conto, finchè non entra nel circolo vizioso: se sto dentro, mi arrabatto; se esco, mi mangiano la casa (detto in soldoni).

Le micro-case editrici non hanno una struttura aziendale adatta a resistere al mercato. Perciò io, attualmente, suggerisco la creazione di consorzi, cooperative, di autori indipendenti che, attraverso lo strumento della colletta, coprano i costi della micro-editoria.

L’alternativa? Rimanere in mano a Mondadori, Feltrinelli e Bompiani. O alle famigerate non EAP che campano sulle sovvenzioni, sui ricicli e sullo sfruttamento.

Quindi non credo che l’obiettivo sia rendere le NO EAP false NO EAP serie. Penso che l’obiettivo sia ammettere il naturale tratto EAP della micro-editoria, distinguendo tra ladri/furbi e chi, disperatamente, cerchi di non chiudere un servizio utile alla comunità.

Parentesi: da autore ti dico. Prentendo, con massima responsabilità, di contribuire sempre ai costi di ciò che scrivo. Non desidero subordinarmi a sovvenzioni statali, riciclaggi, sfruttamenti. Non ci campo, sulla cultura. La nutro, coi soldi miei. Mi sento molto libero, e meno scroccone.

 Franca Colozzo - 18/02/2018 18:11:00 [ leggi altri commenti di Franca Colozzo » ]

Sono perfettamente d’accordo con te sui costi e sul ginepraio di Case Editrici fiorite come funghi negli ultimi anni soprattutto in Italia. Allora mi sai dire perché, in un Paese come il nostro culturalmente sfasciato (non si legge quasi più e si scrive solo, a volte in maniera abominevole) siano nate tante nuove case editrici? Per me è solo un sistema per sopravvivere facendo quello che piace ed attingendo al narcisismo di coloro che amano vedere la propria opera pubblicata e non una strategia di diffusione letteraria con serie radici culturali. Credo che la cultura sia l’ultimo degli obiettivi ormai, prima c’è la pagnotta!
Ti dico questo con conoscenza di cause in quanto, avendo partecipato all’edizione di "IoScrittore" 2015 (non 2010, come erroneamente da me scritto in un commento), ho letto dei libri illeggibili, circa una quarantina, da me recensiti con accuratezza e in breve tempo, arrivando fino all’ultima fase, in cui però sono stata classificata solo come una tra i dieci migliori lettori d’Italia.
Ma non ci credo assolutamente! Né mi sento di annoverarmi tra i dieci migliori lettori italiani!
Ultimamente avrò scritto a decine di Case Editrici, a volte truffaldine e nascoste sotto la sigla No EAP. Il risultato? Ti chiedono solo soldi o mascherati da concorsi, con le solite magagne che solo in Italia possono attecchire, oppure richiedono una pubblicazione a pagamento con sotterfugi vari. Dopo che sono trascorsi svariati anni, tra stesura e revisioni varie del mio romanzo su Istanbul, a me non va proprio di pagare né Agenzie letterarie, sorte anch’esse come funghi, né tanto meno sedicenti editori. Questa editoria non mi va proprio giù! Al limite pubblico il mio romanzo online o m’improvviso io stessa Casa editrice. Tanto costa pochissimo!
Sto da qualche tempo pubblicando, gratis, per la società "Travel for business", con sede a Torino, e con Passerino, editore di ebook in Gaeta, articoli specifici su Istanbul. Sono in procinto di pubblicare poesie, saggistica, ecc. Il mio tempo, sprecato per fare cultura in un Paese come l’Italia, non lo cedo a chicchessia come merce da vendere!
Capisco tutte le motivazioni da te addotte sui costi da affrontare e allora mi chiedo: "Come mai in questo contesto c’è una così grande proliferazione di Case Editrici?" Dovrebbe esserci, al contrario, una contrazione secondo una legge economica di mercato e non un’accelerazione di micro-economie in perdita.
Invece, ho scoperto senza cascarsi, che proprio il sistema del micro-finanziamento è quello vincente, come sostengo nel mio aforisma, con dati alla mano e in base alla mia personale esperienza.
Comunque, ogni riferimento è puramente casuale. Ovviamente, la mia argomentazione non è rivolta assolutamente a te, non ritenendoti appartenere a qualsivoglia editoria. Sinceramente, ti facevo solo autore. Ma sai che ti dico? Ben venga questo sito de La Recherche che pubblica gratis e online romanzi, poesie, saggi, ecc. Probabilmente è l’unica via maestra per sconfiggere le false No EAP!
Non credi? Buona domenica. Franca

 Ivan Pozzoni - 18/02/2018 00:39:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

Concordo al 100%.

Le case editrici della micro-editoria, nell’attuale, hanno costi altissimi. Quindi cade la distinzione EAP o non EAP: le non EAP sono EAP, racimolando denaro dai concorsi, ricevendo favori dalle varie amministrazioni, riciclando soldi delle camorre, sfruttando i "dipendenti". La cultura NON vende. I costi ci sono. Come riescono, le famigerate NO EAP, a rientrare dei costi? Io ho centinaia di esempi, nella mia testa, dopo anni di studi.

Qui non si tratta di distinguere tra EAP e non EAP: si tratta di distinguere tra case editrici truffaldine (cioè, che chiedono 10 o 100 volte i costi, con ricavi del 100%) e case editrici solidali (cioè, che si barcamenano suddividendo i costi, elemosinando, creando collette).

Di norma, chi discute di EAP, non ha la minima conoscenza di: economia aziendale, diritto civile, gestione e finanze, diritto amministrativo, amministrazione aziendale, logistica, business plan, strategie di mercato.

Diffido sempre da chi condanna senza capire niente.

La casa editrice si è trasformata, nell’attuale, in’un’azienda di servizi. Non è in grado di fare investimenti; non è in grado di investire su nessuna anacronistica «proprietà intellettuale» dell’autore (?!). Non mi si crede? Bussate, coi vostri manoscritti, a Mondadori, Feltrinelli, Bompiani.

[Questo discorso vale, esclusivamente, in merito alla micro-editoria. La macro-editoria, o necro-editoria, si subordina a discorsi microeconomici differenti]

[Precisazione importante e definitiva: io non sono un editore, non vivo di editoria, non ricevo danaro da nessuna casa editrice. Di norma, ce lo metto, ogni anno]

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